Con sentenza n. 3260 del 27 novembre 2015, depositata il 19 febbraio 2016, la Corte di Cassazione, III Sezione civile (Pres. Ambrosio Annamaria, Rel. Carluccio Giuseppa), pronunciandosi in tema di riconoscimento e liquidazione del danno morale soggettivo conseguente ad un sinistro stradale, ha ritenuto che l’arresto delle Sezioni Unite del 2008 (sent. n. 26972) non recasse affatto un divieto assoluto di ricorso al metodo percentuale (individuazione di una proporzione percentuale del danno da lesione all’integrità fisica) ai fini della quantificazione del danno morale.
Nel caso di specie, dalla circostanza che il Tribunale avesse utilizzato un metodo di quantificazione equitativa del danno “morale” come frazione del danno biologico, la Corte di Appello aveva fatto derivare l’esistenza di un automatismo (vietato sulla base della giurisprudenza richiamata) tra l’accertamento del danno per lesione del bene salute, costituzionalmente tutelato, (danno biologico) e il riconoscimento automatico della lesione di interessi inerenti la persona non presidiati dal suddetto diritto costituzionale alla salute. In tal modo – si legge nella pronuncia del Supremo Collegio -“quello che nella sentenza delle Sezioni Unite richiamata costituiva una mera esemplificazione, è divenuto, nell’errata interpretazione estrapolativa del giudice di merito, un principio generale consistente nel divieto dell’utilizzo di quel metodo di quantificazione del danno morale in senso stretto“.
In realtà, la decisione di legittimità del 2008 si era limitata ad evidenziare che, con l’utilizzo del metodo in argomento nelle tabelle allora in uso (precedenti alla pronuncia delle Sez Un.), spesso si perveniva ad una duplicazione, riconoscendosi congiuntamente il danno biologico e il danno morale, in presenza della deduzione di degenerazioni patologiche delle sofferenze psichiche rientranti nell’area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, anche psichica, per sua natura intrinseca, costituisce componente; degenerazioni che finivano per essere considerate per entrambi i profili di danno non patrimoniale, mentre all’evidenza rientravano solo nel danno biologico.
Questo il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte:
Ai fini della quantificazione equitativa del danno morale, l’utilizzo del metodo del rapporto percentuale rispetto alla quantificazione del danno biologico individuato nelle tabelle in uso, prima della sentenza delle Sez. Un. n. 26972 del 2008, non comporta che, accertato il primo, il secondo non abbia bisogno di alcun accertamento, perché se così fosse si duplicherebbe il risarcimento degli stessi pregiudizi; invece, il metodo suddetto va utilizzato solo come parametro equitativo, fermo restando l’accertamento con metodo presuntivo, attenendo la sofferenza morale ad un bene immateriale, dell’esistenza del pregiudizio subito, attraverso l’individuazione delle ripercussioni negative sul valore uomo sulla base della necessaria allegazione del tipo di pregiudizio e dei fatti dai quali lo stesso emerge da parte di chi ne chiede il ristoro.
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