Non sempre dalle frequentazioni delle aule d’udienza si ricevono rassicuranti conferme circa l’utilizzo corretto della formula assolutoria in un processo penale. Le riassumiamo di seguito, con l’ausilio del Supremo Insegnamento della Corte di Cassazione.
La formula assolutoria “per non aver commesso il fatto” deve essere usata quando manchi, sul piano puramente materiale, ogni rapporto tra l’attività dell’imputato e l’evento dannoso, mentre quella più ampiamente liberatoria, “perché il fatto non sussiste“, presuppone che nessuno degli elementi, integrativi della fattispecie contestata, risulti provato; quando, invece, sia stata accertata, sotto l’aspetto fenomenico, la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato (quando cioè dalle risultanze processuali emerga che un fatto – corrispondente alla figura tipica di reato – sussiste) sicché la sentenza, non potendo escludere la riconducibilita dell’evento a tale fatto, si limiti ad affermare che nella condotta dell’imputato non si ravvisa l’elemento soggettivo della colpa (o del dolo), la formula è “perché il fatto non costituisce reato“.
filippo dice
e le altre?
Redazione dice
Le potrebbe aggiungere Lei all’elenco, gentile Filippo, in modo da colmare la lacuna dell’articolo!
Guido Noto La Diega dice
L’utile spiegazione dell’Avv. Celotti – tratta, se non erro, da Cass., 26.6.1992, n. 7557 – può essere integrata col dire che ne “il fatto non costituisce reato” è sussumibile altresì l’assoluzione per riconoscimento di una scriminante [così, da ultimo, Cass., S.U., 28.10.2008, n. 40049; per minoritaria dottrina rientra in questa formula anche l’assenza di nesso di causalità]. Quanto a “il fatto non è previsto dalla legge come reato”, è intuitivo che si tratti di casi in cui non esista alcun reato cui sia pur astrattamente riconducibile la fattispecie concreta [non invece se esso esista, ma ne manchino gli elementi costitutivi, nel qual caso si ricadrebbe nella formula piena], come quando il reato sia stato depenalizzato. Per il reato commesso da persona non imputabile il riferimento agli artt. 85 ss. c.p., mentre i casi di non punibilità sono previsti di volta in volta, v., ad es., gli artt. 242, 308, 384, 387, 398, 463, 598, 599 e 649 c.p. Si badi bene che, in conformità alla giurisprudenza inaugurata nell’affaire Franzese, è oggi prevista, al secondo comma dell’art. 530 c.p.p., la possibilità di chiedere l’assoluzione ove non si sia raggiunta la necessaria prova “oltre ogni ragionevole dubbio”.
Redazione dice
Grazie per il contributo.
Avv. Gioacchino Celotti