Danni da fatto illecito costituente reato: minacce semplici, lesioni non gravi. La persona offesa sporge formale querela ma i tempi lunghi della giustizia penale, quella minore, finiscono per scoraggiarla. Già, perché esiste per la giustizia penale una serie cadetta, che si barcamena tra le disfunzioni della macchina giudiziaria e, infine, affonda nell’oblio. Sta di fatto che la nostra P.O. decide di divenire attrice, confidando (forse, sperando) nei tempi migliori della giustizia civile: quella del Giudice di Pace, la scommessa dell’ultimo legislatore. [Leggi di più…]
Ipse dixit
All’udienza fissata per l’espletamento della prova testimoniale, viene introdotto il teste il quale, prestata la formula di impegno e dichiarate le proprie generalità, così risponde alla domanda preliminare:
Come sono a conoscenza dei fatti di causa? Beh, me li ha detti l’avvocato!
No comment.
In estremo subordine, chiedo pietà!
Vi sono storie che il tempo ha tramutato in leggende, che si tramandano di generazione in generazione, arricchendosi ogni volta di nuovi particolari, sorprendenti, talvolta surreali. Che non smettono mai di essere raccontate. Questa che segue è una di quelle storie.
Aula penale. Sono poche le probabilità che l’imputato venga mandato assolto. Troppe e schiaccianti le prove raccolte nei suoi confronti. L’istruttoria dibattimentale ha confermato appieno la fondatezza dell’ipotesi accusatoria. I precedenti sono di ostacolo alla concessione del beneficio della sospensione condizionale. Il difensore ne è consapevole. E’ teso e la tensione gli si legge sul volto. Ben conosce la severità del giudice che ha di fronte. Il pubblico ministero ha formulato le sue pesanti richieste. Tocca ora a lui difendere l’indifendibile. L’arringa non convince. Alla richiesta principale di assoluzione si affretta ad aggiungere una subordinata affinché sia applicato il minimo della pena. Ma non basta: “in estremo subordine, signor Giudice, chiedo pietà…!”.