La Corte d’appello di Firenze, sezione quarta civile, aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1-ter, comma 6, della legge n. 89 del 2001, nella parte in cui subordina il riconoscimento del diritto ad una equa riparazione, in favore di chi abbia subito un danno patrimoniale o non patrimoniale a causa dell’irragionevole durata di un processo, all’esperimento del rimedio preventivo consistente nel deposito, nei giudizi davanti alla Corte di cassazione, di un’istanza di accelerazione almeno due mesi prima che sia trascorso il termine di cui all’art. 2, comma 2-bis, della medesima legge.
Con la sentenza n. 142 depositata il 13 luglio 2023, la Corte costituzionale ha giudicato non conforme ai parametri costituzionali evocati (artt. 111, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 6, paragrafo 1, e 13 CEDU) la previsione secondo la quale l’omesso deposito dell’istanza condiziona la stessa ammissibilità della domanda di equa riparazione.
La mancata presentazione di tale istanza – ha ritenuto la Corte – può eventualmente assumere rilievo (come indice di sopravvenuta carenza o non serietà dell’interesse al processo del richiedente) ai fini della determinazione del quantum dell’indennizzo ex lege n. 89 del 2001, ma non quale condizione di ammissibilità della domanda stessa.
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