Il perdurante e grave stato di ansia o di paura, costituente uno dei tre possibili eventi del delitto di atti persecutori (c.d. stalking), è stato ritenuto configurabile in presenza del destabilizzante turbamento psicologico di una minore determinato da reiterate condotte dell’indagato consistite nel rivolgere apprezzamenti alla vittima mandandole dei baci, nell’invitarla a salire a bordo del proprio veicolo e nell’indirizzarle sguardi insistenti e minacciosi.
Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione (Sezione Quinta Penale, Presidente A. Nappi, Relatore A. Bevere), con ordinanza n. 11945 del 12 gennaio 2010 – depositata il 26 marzo 2010, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto per l’annullamento della decisione del Tribunale del Riesame confermativa della misura cautelare degli arresti domiciliari. La Corte ha ricordato che la norma sul reato di “atti persecutori” è stata inserita nel nostro ordinamento a tutela della libertà morale della persona ed ha ad oggetto condotte reiterate di minaccia e molestie che determinano nella vittima, alternativamente:
– un perdurante stato di ansia o paura;
– un fondato timore per la propria incolumità o per quella di persona comunque affettivamente legata;
– la costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita.
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