Come è noto, le sentenze ecclesiastiche di nullità non spiegano direttamente effetti nell’ordinamento italiano, dovendo prima superare il giudizio di delibazione ad opera della Corte di Appello territorialmente competente.
Decidendo un ricorso rimesso alle S.U., per la particolare importanza della questione di massima e al fine di evitare preventivamente contrasti, la Corte Suprema di Cassazione, con Sentenza n. 19809 del 18 luglio 2008 (Presidente V. Carbone, Relatore F. Forte), ha affermato il seguente principio di diritto:
Non ogni vizio del consenso accertato nelle sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio consente di riconoscerne la efficacia nell’ordinamento interno, dandosi rilievo nel diritto canonico come incidenti sull’iter formativo del volere anche a motivi e al foro interno non significativo in rapporto al nostro ordine pubblico, per il quale solo cause esterne ed oggettive possono incidere sulla formazione e manifestazione di volontà dei nubendi, viziandola o facendola mancare. L’errore, se indotto da dolo, che rileva nell’ordinamento canonico ma non in quello italiano, se accertato come causa di invalidità in una sentenza ecclesiastica, potrà dar luogo al riconoscimento di questa in Italia, solo se sia consistito in una falsa rappresentazione della realtà, che abbia avuto ad oggetto circostanze oggettive, incidenti su connotati stabili e permanenti, qualificanti la persona dell’altro nubendo.
Nella specie, è stata ritenuta in contrasto assoluto con l’ordine pubblico la rilevanza data, nella formazione della volontà dei nubendi, all’errore soggettivo consistito nella ignoranza di uno dei nubendi in ordine all’infedeltà dell’altro prima del matrimonio.
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