Nonostante il divieto di formulare al testimone domande suggestive sia dalla legge espressamente previsto con riferimento alla sola parte che ha chiesto la citazione del teste, lo stesso deve tuttavia applicarsi a tutti i soggetti che intervengono nell’esame testimoniale, operando, ai sensi del comma 2 dell’art. 499 cod. proc. pen., per tutti costoro, il divieto di porre domande che possano nuocere alla sincerità della risposta e dovendo anche dal giudice essere assicurata in ogni caso la genuinità delle risposte ai sensi del comma sesto del medesimo articolo.
Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione (Terza Sezione Penale, Presidente G. De Maio, Relatore A. M. Lombardi), con la sentenza n. 7373 del 18 gennaio/24 febbraio 2012, relativamente, in particolare, alla assunzione della testimonianza di una minorenne su fatti concernenti la responsabilità del padre. La Suprema Corte ha altresì precisato, richiamando un precedente della stessa sezione, che a maggior ragione tali divieti e precauzioni devono essere osservati allorquando si procede all’esame diretto di un teste che sia minore, in quanto, se da un lato si può affermare che i bambini non tendono a mentire consapevolmente, dall’altro deve tenersi conto che gli stessi presentano modalità relazionali orientate in senso imitativo e adesivo e risultano, perciò, influenzabili dalle suggestioni che possono essere insite nelle domande degli adulti e tendono a formulare rispote che ne assecondino le richieste.
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