La persona che avevo querelato è stata condannata in primo grado dal Tribunale a sei mesi di reclusione e a risarcirmi i danni. Ha fatto appello e ora è stato incredibilmente (almeno per me) assolto perché il fatto non sussiste. Significa che ho perso ogni possibilità di ottenere il mio risarcimento?
Nella formulazione del quesito è stato omesso un dettaglio solo in apparenza secondario: se cioè l’assoluzione sia stata pronunciata ai sensi del 1° ovvero del 2° comma dell’art. 530 c.p.p.
La Corte di Cassazione ha più volte affermato il principio secondo cui: “ai sensi dell’art. 652 (nell’ambito del giudizio civile di danni) e dell’art. 654 c.p.p. (nell’ambito di altri giudizi civili), il giudicato di assoluzione ha effetto preclusivo nel giudizio civile solo quando contenga un effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza o del fatto o della partecipazione dell’imputato e non anche quando l’assoluzione sia determinata dall’accertamento dell’insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l’attribuibilità di esso all’imputato e cioè quando l’assoluzione sia stata pronunziata a norma dell’art. 530 c.p.p., comma 2” (cfr., Cass. civ. sez. 6, sent. 13 novembre 2013, n. 25538, Cass. civ., sez. lav., 11.2.2011, n. 3376, Cass. 9-3-2010 n. 5676, Cass. 30-10-2007 n. 22883).
Di recente, tale principio è stato ribadito dal Supremo Collegio (sez. lav., sent. 29 gennaio 2014, n. 1925), in fattispecie in cui l’imputato era stato assolto proprio con la formula “perché il fatto non sussiste“, ai sensi dell’articolo 530, comma 2, c.p.p.
Dunque, per rispondere al quesito posto, l’assoluzione non è in teoria di ostacolo alla riproposizione, in sede civile, dell’azione di risarcimento danni, ma solo se la formula adoperata dalla Corte di Appello è quella del 2° comma dell’art. 530 c.p.p. In tal caso, il Giudice civile potrà, infatti, procedere in modo autonomo alla rivalutazione del fatto e del materiale probatorio, pur dovendo comunque tener conto dell’esito dell’attività istruttoria espletata nel corso del processo penale.
E’ superfluo aggiungere che solo un’esame approfondito dell’intera vicenda (oltre che della motivazione della sentenza assolutoria) consentirebbe una risposta esaustiva e, soprattutto, coerente con la verità processuale del caso concreto.