Il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile postula che il giudice cui sia rivolta la corrispondente domanda accerti che l’istante sia privo di indipendenza o autosufficienza economica (desumibile – salvo altri rilevanti indici nelle singole fattispecie – dal possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, dalle capacità e possibilità effettive di lavoro personale, dalla stabile disponibilità di una casa di abitazione), sicché, solo ricorrendo tale condizione, potrà procedere alla relativa quantificazione avvalendosi di tutti i parametri indicati, dall’art. 5, comma 6, della L. n. 898 del 1970, come sostituito dall’art. 10 della L. n. 74 del 1987 (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi, durata del matrimonio).
Vorrei divorziare, ma…
Un anno circa dopo la separazione ho ospitato da me mio marito perché aveva poco prima subito uno sfratto ed era alla ricerca di un nuovo alloggio. In un primo momento contava di restare a casa per un mese o poco più, ma alla fine abbiamo coabitato per oltre dieci mesi e, devo aggiungere, in quel periodo andavamo davvero d’accordo, ci comportavamo come se non ci fossimo mai separati in Tribunale. Poi le cose sono nuovamente cambiate ed oggi sono fermamente intenzionata a chiedere il divorzio, anche contro la sua volontà. Ho sentito dire che quei mesi in cui siamo tornati insieme potrebbero crearmi qualche problema. Può dirmi in che senso e fornirmi un chiarimento sul punto? Grazie. Daniela, via e-mail.
La legge sul divorzio stabilisce le condizioni necessarie per ottenere lo scioglimento (o la cessazione degli effetti civili) del matrimonio e, tra queste, il protrarsi ininterrotto della separazione da almeno tre anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al Presidente del Tribunale. La riconciliazione dei coniugi, interrompendo la separazione, fa venir meno la suddetta condizione.
Sulla specifica questione ha più volte avuto occasione di pronunciarsi la Suprema Corte, la quale ha affermato il principio, da considerarsi ormai pacifico in giurisprudenza, secondo cui il ripristino della coabitazione, che, pur non integrando di per sé la vera e propria convivenza coniugale (potendo il vivere sotto lo stesso tetto non essere accompagnato da comportamenti volti ad una totale condivisione della vita familiare), tuttavia assume, anche in relazione alla sua durata, un forte valore presuntivo, per la sua idoneità a dimostrare la volontà dei coniugi di superare il precedente stato (cfr. Cassazione civile , sez. I, sentenza 25.05.2007 n° 12314, Cassazione civile, sez. I, sentenza 06.12.2006 n° 26165).