Le Sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione – risolvendo un contrasto delineatosi nell’ambito della giurisprudenza di legittimità – hanno enunciato il principio secondo il quale la contumacia della parte non preclude il riconoscimento del diritto all’equa riparazione per irragionevole durata del processo. [Leggi di più…]
DL Sviluppo, le modifiche alla legge Pinto
Lo schema di Decreto Legge approvato ieri dal Consiglio dei Ministri, recante Misure urgenti per la crescita del Paese (c.d. D.L. Sviluppo), contiene, all’art. 54, significative modifiche alla legge 24 marzo 2001 n. 89 (nota come legge Pinto). [Leggi di più…]
Equa riparazione, si computa anche il giudizio di opposizione all’esecuzione
In tema di equa riparazione da irragionevole durata del processo e ai fini del calcolo della durata del processo esecutivo, non può essere scomputato il periodo di durata del giudizio di opposizione all’esecuzione; lo stesso periodo può essere, però, valutato dal giudice dell’equa riparazione nell’ambito della considerazione della complessità del caso.
Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione (Sezione Prima Civile, Presidente U. Vitrone, Relatore F. M. Fioretti), con la sentenza n. 12867 del 26 maggio 2010. La opposizione all’esecuzione si innesta – ha osservato la Corte – nel processo esecutivo come una parentesi cognitiva volta all’accertamento negativo dell’azione esecutiva ed è, quindi, funzionalmente collegata con il processo esecutivo in considerazione delle ricadute che l’esito del giudizio di opposizione può avere su detto processo.
Equa riparazione e sentenza non definitiva
Qualora nel processo presupposto sia intervenuta una sentenza non definitiva ex art. 279 cod. proc. civ., il computo del superamento del termine ragionevole di durata del processo va effettuato dalla data dell’introduzione del giudizio sino a quella della decisione definitiva, assunta nello stesso grado, che definisce la controversia.
In tema di equa riparazione ai sensi della legge 24 marzo 2001 n. 89, è il principio affermato dalla Corte di Cassazione (Sezione Prima Civile, Presidente M. Adamo, Relatore M. R. Cultrera), con la sentenza n. 10903 del 5 maggio 2010.
Sezioni Unite ed equa riparazione, quale rivoluzione?
Pronunciandosi su un ricorso per regolamento di competenza, la Suprema Corte di Cassazione (Sezioni Unite, ordinanza 16 marzo 2010, n. 6306) ha affermato un principio che molti commentatori si sono subito affrettati a definire “rivoluzionario” e che hanno così sintetizzato: “la competenza per il giudizio promosso per l’equa riparazione deve svolgersi presso la Corte d’Appello del Distretto dove si è svolto il giudizio di merito“. [Leggi di più…]
Equa riparazione, natura indennitaria: la prescrizione è decennale
Il diritto di chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’art. 6, § 1, della Convenzione, ad una equa riparazione, ha natura indennitaria e non risarcitoria, e ad esso non è applicabile il termine di prescrizione breve previsto dall’art. 2947 c.c.
Il principio di diritto è stato enunciato dalla Corte di Cassazione, I sezione civile, con la sentenza n. 4524 del 24 febbraio 2010. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa corte – su legge nella pronuncia – il diritto ad un’equa riparazione in caso di mancato rispetto del termine ragionevole del processo ai sensi della legge 24 marzo 2001 n. 89, ha carattere indennitario e non risarcitorio, non richiedendo l’accertamento di un illecito secondo la nozione contemplata dall’art. 2043 cod. civi., e non presupponendo la verifica dell’elemento soggettivo della colpa a carico di un agente. Esso è invece ancorato all’accertamento della violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diiritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, cioè di un evento “ex se” lesivo del diritto della persona alla definizione del suo procedimento in una durata ragionevole, configurandosi l’obbligazione, avente ad oggetto l’equa riparazione, non già come obbligazione “ex delicto”, ma come obbligazione “ex lege”, riconducibile, in base all’art. 1173 cod. civ., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformità dell’ordinamento giuridico.
Equa riparazione, cognizione ed esecuzione processi autonomi
In tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, il processo di cognizione e quello di esecuzione regolati dal codice di procedura civile, nonché quello cognitivo e quello di ottemperanza davanti al giudice amministrativo devono considerarsi tra loro autonomi.
Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 27365 del 24 dicembre 2009), risolvendo il contrasto insorto in seno alle sezioni semplici. Conseguentemente, la durata dei due processi non può sommarsi per rilevarne una durata complessiva, anche ai fini del rispetto del termine di proponibilità dell’azione ai sensi dell’art. 4 della L. n. 89 del 2001.
L’equo indennizzo non spetta al condominio
Il diritto all’equo indennizzo ex Lege Pinto spetta ai singoli condomini e non all’ente condominiale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (Prima Sezione Civile), con la sentenza 27 maggio – 23 ottobre 2009, n. 22558, confermativa della decisione della Corte di Appello che aveva negato un potere di rappresentanza in capo all’amministratore del condominio.
Premesso che il condominio è privo di personalità giuridica in quanto unicamente ente di gestione delle cose comuni – ha chiarito la Suprema Corte – e che l’amministratore può agire in virtù della sola delibera assembleare anche non totalitaria a tutela della gestione delle stesse mentre per quanto concerne i diritti che i condomini vantano unicamente uti singuli è necessario lo specifico mandato da parte di tutti i condomini (giurisprudenza pacifica: ex multis Cassazione civile, sez. II, 26 aprile 2005, n. 8570), nella fattispecie insussistente, e che il difetto di legittimazione può essere eccepito anche per la prima volta in sede di legittimità (Cassazione civile, sez. II, 13 marzo 2007, n. 5862), non vi è dubbio che il diritto all’equo indennizzo per la irragionevole durata di un processo non spetti all’ente condominiale che è preposto unicamente alla gestione della cosa comune in quanto l’eventuale patema d’animo conseguente alla pendenza del processo incide unicamente sui condomini che quindi sono titolari uti singuli del diritto al risarcimento.
Equa riparazione e danno non patrimoniale
Con sentenza n. 21840 del 21 ottobre 2009, la Corte di Cassazione (Sezione Prima Civile, Presidente P. Vittoria, Relatore L. Salvato) è ritornata sul criterio di quantificazione del danno non patrimoniale, precisando e modificando quanto aveva affermato con la sentenza n. 16086 del 2009; in particolare ha confermato che la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a euro 750,00 per ogni anno di ritardo, ma ha aggiunto che tale cifra debba valere in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e debba, invece, essere non inferiore a euro 1000 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente tale periodo da ultimo indicato comporta un evidente aggravamento del danno.