La Corte di Cassazione, pronunciandosi sulla questione di legittimità costituzionale della disciplina in tema di confisca dei terreni e manufatti abusivamente lottizzati – sollevata in udienza dal Sostituto Procuratore Generale – per asserito contrasto con gli artt. 117 Cost. e 7 C.E.D.U., ne ha dichiarato la manifesta infondatezza, affermando che la confisca conserva la sua natura sanzionatoria, anche se ordinata dopo l’estinzione del reato, in quanto collegata al presupposto di un reato estinto ma storicamente esistente ed applicata da un organo giurisdizionale penale.
Il profilo di incostituzionalità viene prospettato con riferimento all’art. 117 della Costituzione e all’art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, comma 1, secondo cui “nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Non può del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella che era applicabile al momento in cui il reato fu commesso”.
La Corte, con sentenza n. 20243 del 25 marzo 2009 – depositata il 14 maggio 2009 (Sezione Terza Penale, Presidente P. Onorato, Relatore M. Marmo), ha escluso ogni contrasto con la Costituzione, richiamando precedenti orientamenti della stessa Sezione ed affermando che l’estinzione del reato per prescrizione è un concetto relativo e non assoluto perché esso implica una rinuncia dello Stato al diritto di punire per il solo effetto del decorso del tempo, ma nulla impedisce che tale rinuncia possa essere più o meno limitata in base alla valutazione comparativa dei contrapposti interessi in gioco.