E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 2, comma 1, in relazione agli artt. 1-ter, comma 2, e 6, comma 2-bis, della legge n. 89 del 2001, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 1, comma 777, lettere a), b) e m), della legge n. 208 del 2015, «nella parte in cui, con riferimento ai processi penali la cui durata al 31 ottobre 2016 non ecceda i termini ragionevoli previsti dall’art. 2, comma 2-bis, e a quelli non ancora assunti in decisione alla stessa data, sancisce l’inammissibilità della domanda di equa riparazione proposta dal soggetto che non ha esperito il rimedio preventivo consistente nel depositare, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, un’istanza di accelerazione almeno sei mesi prima che siano trascorsi i detti termini».
Il deposito dell’istanza di accelerazione nel processo penale – si legge nella motivazione della sentenza n. 175 del 30 luglio 2021 – pur presentato come diritto alla stregua dell’art. 1-bis, comma 1, della legge n. 89 del 2001, opera, piuttosto, come un onere, visto che il mancato adempimento, in base al comma 1 del successivo art. 2, comporta l’inammissibilità della domanda di equa riparazione. Tuttavia, la presentazione dell’istanza, che pur deve intervenire almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini ragionevoli fissati per ciascun grado dall’art. 2, comma 2-bis, della legge n. 89 del 2001, non offre alcuna garanzia di contrazione dei tempi processuali, non innesta un modello procedimentale alternativo e non costituisce perciò uno strumento a disposizione della parte interessata per prevenire l’ulteriore protrarsi del processo, né implica una priorità nella trattazione del giudizio, come chiarisce il comma 7 dell’art. 1-ter della stessa legge, in base al quale restano fermi, nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi, i criteri dettati dall’art. 132-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale).
In tal senso, l’istanza di accelerazione prevista dalle norme censurate, quale facoltà dell’imputato e delle altre parti del processo penale, non rivela efficacia effettivamente acceleratoria del giudizio, atteso che questo, pur a fronte dell’adempimento dell’onere di deposito, può comunque proseguire e protrarsi oltre il termine di ragionevole durata, senza che la violazione dello stesso possa addebitarsi ad esclusiva responsabilità della parte. La mancata presentazione dell’istanza di accelerazione nel processo penale può eventualmente assumere rilievo ai fini della determinazione della misura dell’indennizzo ex lege n. 89 del 2001, ma non deve condizionare la proponibilità della correlativa domanda.