Con ordinanza del 18 febbraio 2021, n. 4401, confermando i propri precedenti sulla questione sottoposta al suo esame, la Corte di Cassazione ha affermato che nel caso in cui la sentenza impugnata sia stata redatta in formato digitale, l’attestazione di conformità della copia analogica predisposta per la Suprema Corte può essere redatta, ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter della L. n. 53 del 1994, dal difensore che ha assistito la parte nel precedente grado di giudizio, i cui poteri processuali e di rappresentanza permangono, anche nel caso in cui allo stesso fosse stata conferita una procura speciale per quel singolo grado, sino a quando il cliente non conferisca il mandato alle liti per il giudizio di legittimità ad un altro difensore (Sez. 6 – 3, n. 10941 del 08/05/2018, Rv. 648805 – 01; conf. Sez. 1 -, n. 6907 del 11/03/2020, Rv. 657478); per contro, una volta conferita la procura speciale a ricorrere per cassazione, il precedente difensore non può più ritenersi “munito di procura”, e non può di conseguenza attestare la conformità all’originale del provvedimento impugnato.
Esposizione troppo lunga, ricorso inammissibile
La terza sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza del 31 luglio 2017 n. 18962, ribadisce un principio che può considerarsi ormai consolidato nella giurisprudenza del Massimo Collegio: un eccesso di esposizione dei fatti di causa viola la prescrizione dell’art. 366, comma, 1, n. 3, c.p.c. e, pertanto, deve essere sanzionato con la inammissibilità del ricorso per cassazione (nel caso di specie, le ricorrenti avevano impiegato cinquantuno pagine per illustrare l’intero svolgimento dei gradi di merito).
Questa la motivazione della Suprema Corte: [Leggi di più…]
Giudizio di appello e nullità sentenza di primo grado: ammissibile il ricorso per cassazione
Con sentenza n. 29529 del 25 giugno 2009, depositata il 16 luglio 2009, le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione (Presidente T. Gemelli. Vitrone, Relatore A. Macchia), nel risolvere un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato l’ammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza con la quale il giudice di appello abbia dichiarato la nullità di quella di primo grado, rinviando gli atti al tribunale per il nuovo giudizio, sempre che il ricorrente abbia un interesse concreto ed attuale.
In applicazione di tale principio, la S.C. ha accolto il ricorso del Procuratore generale avverso la sentenza di annullamento della sentenza di condanna pronunciata in primo grado ed appellata dal solo imputato.
Ricorso per cassazione e quesito di diritto
Se il quesito di diritto introdotto dall’art. 366 bis c.p.c. si esaurisce in una enunciazione di carattere generale ed astratto che, in quanto priva di qualunque indicazione sul tipo di controversia e sulla riconducibilità alla fattispecie, non consente di dare alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, il motivo è inammissibile, non potendo il quesito essere desunto o integrato dal motivo.
Il principio è stato sancito dalle Sezione Unite della Suprema Corte con la sentenza 11 marzo 2008 n. 6420.