A farne le spese, stavolta, è stata la Corte costituzionale. Di un certo modo di leggere le sentenze che ne sfigura i contenuti per farsi interprete di un sentimento o, non so se peggio, un’ideologia.
I titolisti si sono sbizzariti, rincorrendo la sintesi più infelice:
Tappeto rosso per stupratori e pedofili (Il Tempo)
Per violenza sessuale il carcere non è più necessario (Il Giornale)
Quella sentenza sullo stupro che umilia le donne (Il Giornale)